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sabato 24 ottobre 2009

Tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere

"Tu vedi il mondo com'è e vedi il mondo come dovrebbe essere... Non sei contenta se le cose non sono giuste... e questo significa... che non sarai mai felice." (Dt. House)

Realismo e utopia.
Due cose che si oppongono da sempre.
Non solo, due cose che chiedono di diventare esclusive:
se sei realista non puoi essere utopista e se sei utopista non sei realista.
In questo sta la condanna dell'uomo.
Da una parte desidera spiegare le ali e librarsi in volo verso un mondo di bellezza...
Dall'altra è inchiodato ad una realtà in cui si accorge di non avere ali né cieli, ma solo un'intricato labirinto di mura contro cui continuamente va a sbattere.
Che fare?
Cacciare fuori il mondo dalla tua vita e rinchiudersi in qualche isola felice creata su misura per te, per avere l'illusione che quel mondo reale non esista?
Sarebbe una fuga. Sarebbe un'illusione. Sarebbe una resa.
Rinunciare a quel desiderio di oltre, di bello, di grande, perché irrealizzabile, infantile, impossibile?
Sarebbe una mutilazione. Sarebbe una rassegnazione, Sarebbe una resa.
La cancellazione del realismo per l'utopia o dell'utopia per il realismo sono rese.
Non fanno felici.
Ed allora eccola la nostra condanna.
Siamo impossibilitati alla felicità perché la desideriamo e non ci basta quello che c'è.
Chi è felice?
Forse solo chi non si pone problemi. Chi si accontanta di quello che c'è senza desiderare di più. Senza essere consapevoli che la vita potrebbe essere qualcosa di più...
Ma questo è un "privilegio"(?) che non a tutti è concesso. Anzi, forse a nessuno, ma in tanti sono bravi a simularlo.
Ma chi desidera è condannato.
Siamo noi sbagliati o è il mondo?
Poco importa in realtà...
La sentenza è emessa: per chi crede che il mondo dovrebbe essere diverso c'è una condanna.
La condanna all'infelicità.

A meno che non sia una sfida.
La sfida di rimanere nel mezzo, tra realismo e utopia.
La sfida di combattere una battaglia che sai che non vincerai mai ma che capisci che è l'unica per cui valga la pena di combattere.
La battaglia di far reale l'utopia, di fare utopica la realtà.
Si può vivere così?
Combattendo l'unica battaglia per cui sei disposto a impegnarti, ma sapendo che è una battaglia persa in partenza?
Si può dire che la felicità stia nel combattere e non nel vincere?
A seconda di come la tua vita riesce a rispondere a questa domanda sei un condannato o un uomo felice.

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